7 lug 2016

Sentea - Parte 1 - Theria

Continua l'esperimento fantasy del blog e inizia il viaggio di Edrian Avamhaeir, La penna amaranto. 
Vi ricordo che questi brevi frammenti fungono più da presentazione dell'ambientazione de I Tre Equabilium che da narrativa pura, mi scuso quindi in anticipo nel caso risultino più pesanti del previsto. Come segnalato nella prefazione, l'idea è quella di scrive qualcosa di più avventuroso (e digeribile) a viaggio concluso, magari ambientato nella terra che troverete più interessante fra quelle descritte. 
Premetto che ho aggiunto a fine testo un piccolo glossario, che vi aiuti a capire meglio aspetti dell'ambientazione che il narratore, per esigenze letterarie, dà per scontati (i termini sono evidenziati da un colore diverso, vi basta cliccarli).  
Vi lascio alla lettura: 

 I Tre Equabilium


Sentea
 Parte 1 - Theria

Il mio viaggio iniziò nel 1073. Non sono un uomo superstizioso, ma trovavo poetico partire il primo giorno dell’anno, memoria dell’Equabilium. Mi trovavo a Latheryan, capitale ufficiosa della nostra Theria, la più grande metropoli costiera della Sentea, forse dell’intero Geo. È difficile descrivere la magnificenza di quella che nel mio cuore è divenuta una seconda casa. Potreste vagare fino a perdervi fra i suoi quindici quartieri, respirare il profumo dei gigli nei giardini nobiliari e passeggiare a testa alta per la piazza dei templi. Ma ciò che, personalmente, preferisco è farmi accarezzare dalla brezza del grande porto, dove i naviganti vengono accolti dal maestoso arco chiamato “porta dei leoni marini”, guidati da “Il Sole latheryano”, lo sfolgorante faro. La metropoli custodisce inestimabili realtà, gilde, consorterie. Latheryan è viva, in tutti i sensi e per accorgersene basta camminare per le sue strade, osservare la moltitudine di persone che la abitano, così diverse fra loro eppure accomunate dal desiderio di renderla grande. Non è importante come in altri luoghi essere un umano, un fàsiel, un elfo, essere povero, un mercante, un nobile, tutti sono latheryanensi. Questo è il meraviglioso sogno ispirato dalla casata reale dei Thanrir, il cui castello svetta al centro della città e non in una sperduta campagna. Superate le mura esterne e la porta dei leoni di terra, si mette piede nella vera Theria, quella dove il sogno non ha ancora attecchito e forse mai lo farà.
Sapevo cosa mi aspettava nel mio viaggio verso nord, obbligatoriamente lungo la costa orientale.
E qui, per chi non conoscesse la Theria, è necessario aprire una parantesi sulla sua storia. Dovete sapere che si tende a distinguerla superficialmente in due mondi: quello dei nativi e quello degli invasori, quello delle coste e quello dell’entroterra.   
La Theria è una penisola, protetta al confine nord dalla catena montuosa degli Utmot, una difesa naturale che ha retto fino all’Era degli esodi, quando gli eredi di uno degli storici Grandi Regni subirono una delle più massicce incursioni di quel periodo. Popoli diversi fra loro, scacciati o sfuggiti ad altre realtà, spesso sanguinolente, attraversarono ferocemente il valico di Etmal, unica vera porta per la Theria.
Furono chiamati barbari, ed è inutile cercare giustificazioni alla violenza di quegli anni, poiché lo erano.  
Non aver vissuto quegli eventi porta a valutare quasi fortuito il fatto che, la grande invasione, non abbia alimentato il razzismo dei theriani nativi, ma solo la loro xenofobia.
Cercherò di spiegarmi meglio: noi umani, per lungo tempo, ci siamo ritenuti i padroni di questa splendida terra, sebbene i saggi risviiani la considerino la culla della genesi elfica, ma come riversare l’odio su altre specie quando i principali incursori erano a propria volta umani? Non tutti, certo. La tribù dei valedan era composta da tethrikos e quella dei romenek da ontur, ma quelle che arrivarono a un passo dallo schiacciare la civiltà nativa: i grental, gli yrman, gli ubelivisk, i rodem e persino i tharùman erano tutte umane. Questa peculiarità contribuì a forgiare un sentimento d’appartenenza a una causa comune, che coinvolse umani, elfi e qualunque altra specie che si frapponesse all’avanzata dei barbari. Un fausto evento che non bastò a contenere quello infausto. La caduta della storica capitale Ramanthir, distrutta dai grental, gettò nel panico la resistenza. I nativi si trovarono sempre più schiacciati verso le coste, e la disorganizzazione prese il sopravvento, spezzettando i fronti, portando a combattere battaglie per la propria porzione di patria ma senza una linea comune, rendendo i barbari realmente inarrestabili.
Senza la casata dei Thanrir, i nativi avrebbero ceduto durante l’Era della conquista. Non lo dico per piaggeria nei confronti della famiglia reale, ma perché si tratta di una realtà storica incontestabile. È certo che a consigliarli furono phoenisco migrati dalle spoglie dell’Impero di Cortaliia, portatori dell’antica cultura dell’Unione, ma realizzarono con le proprie forze quella rivoluzione che, oggi, ci consente di ritenerci una delle terre più libere della Sentea. Inutile recriminare che si appropriarono di una corona che spettava a qualche infante rifugiato a Eltharia.
I Thanrir, signori di Latheryan, ebbero il merito di riportare organizzazione, coordinando gli sforzi congiunti della grandi città della costa: la mia Jascarin, Faleyada, Thomàd. Probabilmente sarebbero riusciti a coinvolgere persino l’orgogliosa Malitha, ma gli invasori yrman ebbero prima la meglio sul suo confine. Il vero capolavoro dei Thanrir, però, fu riuscire a guardare negli occhi il futuro, convertendo alla loro causa la tribù barbarica più temuta della grande invasione: i grental. Fa quasi sorridere pensare che oggi, a distanza di cinque secoli da un atto che alcuni nativi definirono folle, la parola grental si associ ai cavalieri più fedeli del regno.
Forse intervennero gli stessi dei in quel che, pur essendo uno scettico per natura, non riesco a definire che un miracolo. Convertire i grental equivalse a frenare le incursioni delle altre potenti tribù e allentare la pressione sulle coste, consentendo a tutte le realtà di assestarsi e confrontarsi con quello che sarebbe stato il nuovo futuro della nostra terra.
Tuttavia, i sogni di chi era in grado d’immaginare non solo la collaborazione fra specie, ma persino fra barbari e nativi, dovevano ancora scontrarsi con tutti coloro che li avrebbero osteggiati con cieca furia.   
Ad oggi, per colti signori di altre terre, la Theria è solo un’espressione geografica. In fondo, come dargli torto? Il miracolo dei Thanrir non riuscì a spingersi oltre. Il desiderio di regnare sulla Theria tutta rimane tale e ci lascia liberi nei pensieri ma intrappolati nella realtà.
Potrei narrare per ore, forse giorni, delle nostre divisioni interne, di come, dal miracolo dei Thanrir, barbari e nativi abbiano trovato nuovi equilibri, diversi di regione in regione, di città in città. Saprei elencarvi a menadito dove si sono formate nuove alleanze e quali culture sono prevalse, o come si sono influenzate. Potrei descrivervi le forme alternative al regno che sono sorte, ponendo, con pericolosa efficacia, la forza o il denaro al centro e non avrei difficoltà a individuare dove potenze straniere si sono insinuate con subdola o palese influenza. Ma ritengo che per capire la Theria dei nostri giorni sia più importante individuare i due centri che si contrappongono con impareggiabile ferocia, militare e politica, al regno dei Thanrir.
Il mio viaggio verso nord, obbligatoriamente lungo la costa orientale, fu tale poiché ogni viaggiatore del sud sa che, avventurarsi nell’entroterra, è follia per una semplice ragione: la tribù degli ubelivysk, il flagello della Theria. Se esiste un popolo incapace di adattarsi alle realtà che lo circondano e di trarre ispirazione dalla parola civiltà, questo è quello degli ubelivysk. Così come i grental furono vitali per aiutare i Thanrir a far nascere il loro sogno unificatore, gli ubelivysk furono determinanti per ucciderlo impietosamente.   
Parliamo di un popolo che non avrò remore nel definire ancora barbaro, retrogrado sotto tutti i punti di vista, tranne che nell’esercizio della forza, poiché nessuno è sanguinario e bravo a uccidere, in Theria, più di un ube.
Queste bestie, che vedono nel cinghiale un animale sacro, non sono intenzionate a cedere il passo, resistono alla civiltà nelle loro terre ormai brulle e compiono fugaci e irruente incursioni lungo tutto il confine, rubando risorse, distruggendo villaggi e difese, ma soprattutto rapendo poveri innocenti che non faranno mai ritorno. L’elenco dei sovrani che hanno tentato di schiacciarli, anche al costo di compiere un eccidio, è lungo e inglorioso. Gli ube paiono dei demoni che ci costringono a fallire ancora e ancora con la loro dissoluta insensatezza.  
Ciò dovrebbe bastarvi a comprendere perché preferii evitare di correre inutili rischi. Non c’è cultura che io possa apprendere da quelle genti.
Viaggiai dunque da Latheryan a Faleyada, la città dei conquistatori dell’Ivhen e poi verso Thomàd, luogo di umili e coraggiosi, ultimo grande porto dei Thanrir prima di avventurarsi nelle terre che non riconoscono la loro autorità. Da qui, anche i più sciocchi, preferiscono ancora le coste all’entroterra a causa dei barbari rodem, secondi in follia solo agli ubelivysk, con gli artigli ben stretti sulle rovine dell’antica capitale, che hanno soprannominato banalmente Rodema. Scegliendo invece il nord, ancora lungo la costa orientale, l’approdo più importante è il Sancit, patria del Consiglio Aureo dell’omonima repubblica, nient’altro che un’oligarchia di ricchi mercanti che si spartiscono i ricavati delle rotte theriane più floride, pagando fior fior di mercenari valedan affinché nessuno sia in grado di sottrargli i propri privilegi. Credo non vi sia difficile comprendere perché i Thanrir non siano mai riusciti a persuaderli a unirsi alla loro causa.   
Dalla terra dell’oro, la mia intenzione era quella di solcare ancora i mari e lasciare la Theria, superare tutta la costa risviiana e approdare in Saleria, ma albergava in me un desiderio nascosto: visitare un luogo ostile a Latheryan e i Thanrir quanto gli ubelivysk.
Ho infatti accennato a due realtà che si contrappongono efficacemente al progetto dei reali, la seconda è quella di Eltharia, la metropoli dell’entroterra.
Non lasciatevi confondere dalla sua posizione, la cultura di Eltharia e il suo popolo è di origine nativa. Durante la grande invasione resistette gloriosamente, stipulando accordi con tribù barbariche minori e una vitale alleanza con l’elfica Risviia. Ma l’evento culminante per il futuro di Eltharia fu, alla caduta della storica capitale Ramanthir, l’offerta di ospitalità alla famiglia reale: i Manthir. La casata che fu il perno del Grande Regno Theriano non ha mai recuperato la propria forza, e dopo l’ascesa dei Thanrir è sciocco credere che potrà mai farlo, tuttavia, il suo prestigio consentì la nascita del marchesato di Eltharia, sotto la famiglia dei Ler-Wales, i nostri veri rivali politici. Questa terra di cultura e nobiltà, oggi, fa da tramite fra realtà dell’entroterra estremamente variegate, ottenendo un pericoloso rispetto. Non lo dico per mancanza di obiettività, ma poiché, il modello che si nasconde dietro l’azione dei Ler-Wales, favorisce l’idea di una Theria talmente libera da rasentare l’anarchia. Preferisco un regno illuminato e unito capace di difendere i diritti di tutti, senza il prevalere di egoismi regionali. Potete comprendere come lo scontro fra queste due visione sia scontato. Sono le terre di ubelivysk e rodem, come un inevitabile tappo geografico, a impedire la guerra aperta fra queste due forze. Eppure rimane la guerra ideologica.
Mi aspettavo, da giovane viaggiatore con bruciante passione politica, che il marchesato fosse la patria di presuntuosi e al contempo rozzi retrogradi. Fu allora, quando compresi quanto mi sbagliavo, come i miei ideali non dovessero farmi cadere nella trappola della semplificazione, che la mia vita cambiò, rendendomi forse un po’ più saggio, davvero pronto al lungo viaggio che mi attendeva.
Il marchesato di Eltharia è una terra bellissima, con prati verdi e splendidi boschi di castagni. La metropoli è architettonicamente elegante e concede maggior respiro alla sua gente, sebbene sia complice il minor numero di cittadini. È difficile non rimanere impressionati dall’accademia de “I Serpenti di rubino”, dove si formano i più ossequiati incantatori theriani. Su tale punto, inoltre, mi vedo costretto a rimproverare il clero di Emathas latheryanense: questi arcani maestri sono signori rispettabili e non i perversi frequentatori di orge da loro descritti, ma non pretendo che la mia umile opinione faccia la differenza per chi ha visto nella magia sempre e solo la commissione di un sacrilegio, specie se insegnata da elfi stranieri.
Eltharia è dunque, sventuratamente, un luogo piacevole, con una nobiltà umile che professa libertà e uguaglianza quanto i Thanrir, ma che la mette in pratica solo in parte, mirando a un modello politico profondamente diverso, pericoloso, col supporto e il rispetto dei vicini, oltre che dell’antica famiglia reale.
Non so come sarà il futuro della Theria, quello che solo il Fato conosce, ma temo che molti theriani vedano le coste come un luogo di avventurieri e mercanti, liberi solo grazie alla propria ricchezza, e i reali come aspiranti tiranni dell’intera nazione. La nostra Unione, così, non potrà nascere mai.
Fu così, con gli occhi ancora pieni della bellezza di Eltharia, ma col cuore grave per il sogno che essa contribuisce a spegnere, che solcai il mare, lontano dalla patria per la prima volta, verso le nazioni gemelle di Saleria e Covia, pronto a scoprire tanto, forse troppo, sulle atrocità che i fratelli sono capaci di infliggere gli uni agli altri.


Fine Parte 1


Glossario
Equabilium: evento storico chiave dell'ambientazione. Un Equabilium avviene in seguito al sacrificio di un eletto del Fato che, con la propria morte, diffonde nel mondo la cognizione necessaria a impedirne l'autodistruzione. In seguito a un Equabilium il conteggio degli anni riparte da zero. 
Umani: la nostra specie e quella di Edrian, spesso ritenuta ambigua più che civile, ma allo stesso tempo la più prolifica di Geo.
Fàsiel: una delle specie che popolano Geo, particolarmente rispettata fra quelle che si ritengono civili. Conosciuti volgarmente come Alati. Caratterizzati proprio dalle loro ali (che variano in base all'etnia) e la diffusa percezione che siano avanguardisti.
Elfi: una delle specie che popolano Geo, mediamente rispettata fra quelle che si ritengono civili, ha un legame stretto anche con quelle ritenute boschive. Caratterizzati da fisici snelli, tratti fini e le orecchie a punta, con la diffusa percezione che siano snob.
Era degli esodi: antecedente all'Era della conquista. Caratterizzata da massicce migrazioni conseguenti al terzo Equabilium.
Grandi Regni: gli arcaici stati ritenuti storicamente la base del sentimento di appartenenza nazionalistica e dei modelli di leggi correnti.
Risviiani: abitanti della Risviia, nazione di riconosciuta predominanza elfica a nord est della Theria. Noti anche come elfi dell'Unione. Alcuni ritengono il valico di Etmal (porta per la Theria) e le terre limitrofe una loro estensione. 
Tethrikos: una delle specie che popolano Geo, mediamente rispettata (o temuta) fra quelle che si ritengono civili. Conosciuti volgarmente come Quattrobraccia. Caratterizzati proprio dai quattro arti superiori e la diffusa percezione che questi li rendano implacabili guerrieri.
Ontur: una delle specie che popolano Geo, mediamente rispettata fra quelle che si ritengono civili. Conosciuti volgarmente come Nani. Caratterizzati dalla bassa statura e il fisico tozzo, con la diffusa percezione che siano testardi e avari.
Era della conquista: antecedente all'Era delle lotte divine (l'Era attuale). Caratterizzata da conflitti sanguinolenti fra diverse realtà culturali, desiderose di soverchiare o difendere l'identità di una terra.
Phoenisco: una delle specie che popolano Geo, la più rispettata fra quelle che si ritengono civili. Caratterizzati dal loro sangue immortale, che gli consente di immolarsi e rinascere ogni ciclo vitale (di circa due secoli). Nonostante questo rischiano una lenta estinzione. 
Impero di Cortaliia: antica realtà politica che si è sgretolata poco prima del terzo Equabilium. Reggeva le terre delle attuali Covia, Saleria, Lumia, Phoschia, Risviia, Antea e parte della Kermiia. Era ritenuta una delle potenze più illuminate dell'epoca.      
Unione: Atavica alleanza fra le specie civili della Sentea, che resse ininterrottamente fra il primo e il secondo Equabilium. Ritenuta da molti la culla della civiltà.  
Sentea: Continente (in alto e al centro della mappa) particolarmente ricco e vivace. I suoi abitanti tendono a ritenersi i più civili (e importanti) di Geo.  
Ivehn: Cuore delle terre delle creature boschive (la grande isola a destra della mappa, la nazione più visibile è Aeliath). Soggetto da tempo alla "civilizzazione" per opera di numerose realtà della Sentea.
Emathas: divinità creatrice degli umani. Ritenuta ambigua e sfaccettata quanto i suoi figli.
Magia: ritenuta universalmente la capacità di manipolare l'energie impresse naturalmente in ogni aspetto del creato, ma senza l'intercessione delle divinità. 
Fato: Il Dio degli dei. Onnisciente, onnipotente e soprattutto inconoscibile.

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