8 mag 2016

Invasori

Il racconto di oggi è nuovo ed è il più corto che abbia mai scritto, proprio per questo motivo preferisco non anticipare nulla e lasciarvi subito alla breve lettura:

 Invasori


Sono sbucati fuori dal nulla, un giorno terribilmente caldo, quando nessuno poteva aspettarselo.
Creature mostruose, con un solo spietato obiettivo: ucciderci tutti.
Il panico dilagò fin dall’inizio. Erano numerosi, più forti. Contrattaccare fu vano, come cercare il dialogo, provare a capire le loro ragioni.
Furono implacabili. Sono implacabili.
Ricordo perfettamente quando raggiunsero la mia zona. Il terrore, le grida. Chi provava a resistere cadeva, chi scappava veniva preso. Fui l’unico superstite.
Rivivrò quei momenti incessantemente, anche nel poco tempo che mi resta. Come potrei non farlo? Rivedo la mia famiglia, i miei amici, fagocitati da quegli incubi viventi, ritenuti da molti gli artefici di una punizione. Come si può considerare una tale atrocità meritata? Opera di forze superiori?
Non ho fede, non più, posso solamente credere nel caso, nella crudele insensatezza di questa strage, la nostra strage, il tramonto delle specie.
Sono chiuso qui, in quest’angolo sperduto di un luogo che non conosco, un rifugio che non potrà proteggermi ancora a lungo.
Arriveranno, posso già sentirli, prenderanno anche me, e il mio terribile ricordò diverrà il mio destino, la mia fine.
Sono l’ultimo fra tutti noi? Non posso saperlo, ma lo temo.

Le creature sopraggiunsero in quel momento e lui le osservò, consapevole di non avere scampo.
Si avvicinarono lentamente, imponenti, spalancando le deformate ali.
Decise di morire con orgoglio:
«Anche se ci ucciderete tutti, il nostro spirito permarrà, questa è la nostra casa.»
Era fiero delle sue parole, le ultime parole della specie.
L’arrivo di una fredda risposta lo sconcertò:
«Non è la vostra casa.»
Era terrificato, ma ribatté comunque, con ostinazione.
«Lo è da sempre!»
«No.»
La sua tenacia risultava patetica, di fronte a quelle repliche lapidarie.
«Non avete il diritto di farci questo!» frignò, in preda a emozioni ormai scomposte.
La creatura più vicina lo prese, fagocitandolo in pochi istanti.
«Sì.»

Michele si svegliò in quel momento. Si sentiva in forze e decise di misurare la febbre per accertarsene.
Il termometro decretò: 36,8 °C.
Michele sorrise e con un movimento energico si alzò dal letto.
«Allora è proprio vero che i miei anticorpi sono dei mostri!»


Fine